Enna, operazione antimafia: dieci arresti VIDEO|Intimidazioni a chi non voleva pagare il ‘pizzo’

di Redazione

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Enna, operazione antimafia: dieci arresti VIDEO|Intimidazioni a chi non voleva pagare il ‘pizzo’

| martedì 28 Giugno 2016 - 07:59

I carabinieri di Enna hanno eseguito dieci arresti di esponenti della cosca mafiosa di Pietraperzia. L’indagine ha permesso di fare luce sulle dinamiche mafiose di Cosa nostra nell’ennese, zona in cui il clan esercitava il suo potere attraverso le richieste di pizzo e intimidendo e minacciando chi si ribellava.

Le accuse per gli arrestati sono di associazione mafiosa, traffico di droga e detenzione illegale di armi e munizioni.

L’ELENCO DEGLI ARRESTATI

Nell’operazione denominata ‘Primavera’ sono stati impiegati 80 carabinieri.

L’attività investigativa, condotta dalla Compagnia di Piazza Armerina tra i mesi di Aprile 2011 e Dicembre 2013, anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, ha permesso di ricostruire le dinamiche mafiose insistenti nel Comune di Pietraperzia ed è stata finalizzata ad azzerare la capacità operativa della famiglia mafiosa facente capo ai fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino, il primo dei quali al momento sottoposto al regime della libertà vigilata e ambedue in passato già condannati per associazione a delinquere di tipo mafioso.

 

È stata anche accertata una richiesta estorsiva per svariate magliaia di euro ai danni di un’impresa edile aggiudicataria di un appalto pubblico del valore di 6 milioni di euro, riguardante la manutenzione dell’autostrada A/19.

Inoltre, è stata riscontrata l’imposizione dell’assunzione di alcuni soggetti appartenenti o vicini alla famiglia mafiosa di Pietraperzia, ai danni di una ditta aggiudicataria di vari appalti pubblici per il rifacimento della rete idrica di alcuni Comuni della Provincia di Enna.

Nel corso delle indagini sono stati trovati e sequestrati ingenti quantitativi di cartucce di vario calibro, un’apparecchiatura per la costruzione di cartucce per pistola cal. 7.65 e varie parti di armi che, una volta assemblate, venivano utilizzate come armi da fuoco.

I criminali parlavano tra loro di armi, arrivando perfino ad esercitarsi in improvvisati poligoni di tiro nella campagne e con le quali spesso andavano in giro per le strade del paese al fine di garantire la propria sicurezza personale.

 

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