Sequestrato quasi un milione alla cosca Alampi | Tra i “bersagli” anche avvocati e commercialisti

di Redazione

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Sequestrato quasi un milione alla cosca Alampi | Tra i “bersagli” anche avvocati e commercialisti

| mercoledì 17 Maggio 2017 - 08:26

I carabinieri e la Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno eseguito, sotto il coordinamento della Procura del capoluogo calabrese, tre provvedimenti con cui è stato disposto il sequestro finalizzato alla confisca di beni per un ammontare complessivo pari a circa 1 milione di euro.

Aggrediti i patrimoni degli avvocati Giulia Maria Rossana Dieni e Giuseppe Putortì e del commercialista Rosario Spinella, tutti legati, a vario titolo, alla ‘ndrangheta, nella sua articolazione denominata cosca “Alampi”, operante nella città di Reggio Calabria.

L’avvocato Dieni, difensore di Matteo Alampi, e l’ex coniuge di quest’ultimo, recandosi in carcere per i colloqui “…fornivano uno stabile e concreto contributo al mantenimento ed al rafforzamento dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta facente capo al predetto Matteo, prestandosi in modo consapevole e sistematico a fare da postini, nonché da portatori di messaggi e notizie recanti le specifiche direttive impartite dal carcere dall’Alampi ai sodali non detenuti.

Le informazioni erano finalizzate a garantire “una concreta gestione delle suddette attività economiche (sottoposte ad amministrazione giudiziaria e facenti parte in origine del proprio gruppo imprenditoriale) e delle vicende direttamente e/o indirettamente ad esse connesse in modo pienamente conforme al programma criminoso del sodalizio“.

Il commercialista Spinella è stato invece condannato poiché, quale custode/amministratore di una serie di società sottoposte a sequestro e in concorso con soggetti facenti parte della cosca “Alampi”, consentiva la presenza quasi quotidiana del capocosca Giovanni Alampi presso la sede delle imprese e l’intromissione nelle scelte aziendali più importanti ai medesimi soggetti ai quali quelle imprese erano state confiscate.

Spinella emetteva fatture per operazioni inesistenti al fine di costituire fondi neri da erogare alla cosca e sviava l’utilizzo dei mezzi delle imprese confiscate per altri fini cui erano a vario titolo interessati i precedenti proprietari mafiosi. Con l’aggravante di avere commesso il fatto con abuso delle pubbliche funzioni.

Complessivamente il nucleo investigativo carabinieri e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno proceduto all’esecuzione, nei confronti dei citati professionisti reggini, di misure di prevenzione patrimoniali per un valore stimato pari a 982.685,26.

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