Messina, decapitata la “famiglia barcellonese”: 40 arresti

di Emanuele Termini

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Messina, decapitata la “famiglia barcellonese”: 40 arresti

| mercoledì 24 Gennaio 2018 - 08:15

La “famiglia barcellonese” al centro del maxi blitz denominato “Gotha VII” condotto dai carabinieri di Messina, del ROS e della polizia su tutto il territorio nazionale. I militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della locale Procura Distrettuale nei confronti di 40 soggetti gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti di associazione di tipo mafioso e di numerosi altri reati.

Tra gli altri, vengono contestati contestati: estorsione (consumata e tentata), rapina, trasferimento fraudolento di valori, reati in materia di armi e violenza privata reati aggravati dal cosiddetto “metodo mafioso“. La “famiglia barcellonese” è riconducibile a “Cosa Nostra” ed è operante prevalentemente sul versante tirrenico della provincia di Messina. 

I carabinieri hanno arrestato 29 persone (22 libere e 7 già detenute), mentre la polizia ha arrestato 11 persone (8 libere e 3 già detenute). Fondamentale la collaborazione del capo mafia Carmelo D’Amico e di altri “pentiti” come Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci.

Dalle indagini è emersa la costante pressione del pizzo su commercianti e imprenditori della zona, oltre alla costante ricerca della gestione e del controllo di attività economiche e appalti pubblici. Gli indagati, sebbene già condannati e sottoposti alla misura di prevenzione delle sorveglianza speciale, si dedicavano stabilmente al racket.

In un’occasione un commando di tre persone ha picchiato un imprenditore edile che aveva osato “pretendere” il legittimo compenso a fronte di una precedente fornitura di calcestruzzo in favore di uno degli associati al clan. In un’altra circostanza, nel settembre del 2017, nel centro della città di Barcellona Pozzo di Gotto, un professionista barcellonese venne pestato a sangue per avere denunciato un’estorsione da tre membri del clan successivamente condannati a oltre 8 anni di carcere.

Il clan aveva la disponibilità di enormi quantità di armi da sparo, comuni e da guerra: 4 pistole semiautomatiche ed un revolver di grosso calibro, due fucili a pompa, un fucile mitragliatore da guerra oltre centinaia di munizioni di vario genere e calibro. Tra le persone indagate c’è anche l’ex consigliere comunale Francesco Salamone, eletto alle comunali del giugno del 2013 a Terme Vigliatore, sospeso dalla carica nel 2016 perché coinvolto in un’altra inchiesta di mafia.

In manette sono finiti: Antonino Antonuccio,  Santino Benvenga, Tindaro Calabrese, Gianni Calderone, Francesca Cannuli,  Salvatore Chiofalo,  Sebastiano Chiofalo,  Antonino D’Amico,  Antonino De Luca Cardillo, Mariano Foti, Fabrizio Garofalo, Ottavio Imbesi, Giuseppe Antoni Impalà, Antonino Merlino,  Francesco Carmelo Messina, Agostino Milone,  Milone Filippo,  Domenico Giuseppe Molino,  Massimiliano Munafò, Salvatore Piccolo, Giovanni Rao,  Francesco Salamone,  Salvatore Santangelo, Carmelo Scordino, Tindaro Santo Scordino, Sergio Spada,  Antonio Giuseppe Treccarichi,  Carmelo Salvatore Trifirò, Maurizio Trifirò,  Antonino,Bellinvia, Agostino Campisi,  Alessandro Crisafulli,  Francesco Foti,  Carmelo Giambo’,  Massimo Giardina,  Tindaro Lena,  Alessandro Maggio,  Tindaro Marino, Santo Napoli e Angelo Porcino.

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