Centinaia di maiali morti in un allevamento, l’indagine di “Essere Animali”

di Federica Raccuglia

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Centinaia di maiali morti in un allevamento, l’indagine di “Essere Animali”

| lunedì 14 Maggio 2018 - 15:01

Carcasse di maiali l’una accanto all’altra, alcune con evidenti segni di cannibalismo e a stretto contatto con gli altri animali, liberi di scorazzare tra i cadaveri. Questa l’ultima scoperta fatta in uno dei grandi allevamenti fornitori del Prosciutto di Parma dall’associazione “Essere Animali“, in collaborazione con il quotidiano britannico Daily Mail.

“Mai visto nulla di simile, ci siamo trovati dinanzi a decine di animali morenti. Il video risale a metà aprile, pochi giorni dopo l’allevamento era stato ripulito. Non sappiamo che fine abbiano fatto gli animali”, dichiarano i responsabili dell’associazione.

Essere Animali, l’indagine

In un altro allevamento sono state filmate le scrofe nelle gabbie di gestazione. In Italia il loro utilizzo è consentito e questi animali trascorrono circa metà della loro vita in queste gabbie. I due allevamenti sono situati in provincia di Brescia ma, secondo l’associazione, non si tratta di casi isolati.

“Abbiamo già denunciato per maltrattamento di animali un altro allevamento fornitore del Prosciutto di Parma. Anche in quel caso abbiamo documentato gravi problemi di cannibalismo e animali lasciati morire senza cure adeguate, oltre a comportamenti brutali degli operatori. Si andrà a processo.” 

“La maggior parte di questi animali è allevata in sistemi intensivi, rinchiusi in gabbia o in recinti sovraffollati, senza mai poter accedere all’aperto. Le nostre indagini sono un appello alla società, ai consumatori e alle Istituzioni, per superare un metodo di allevamento causa di gravi sofferenze verso animali sensibili e intelligenti”, conclude l’associazione. Il video ha scatenato forti polemiche in Inghilterra, paese tra i principali importatori del prosciutto DOP.

Il Consorzio del Prosciutto di Parma, contattato per avere dei chiarimenti in merito, parla di “una campagna di diffamazione e di una strumentalizzazione del marchio, con obiettivi ben precisi”. 

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