Russia 2018: l’Islanda e i suoi tifosi unici

di Gioacchino Lepre

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Russia 2018: l’Islanda e i suoi tifosi unici

| martedì 12 Giugno 2018 - 13:23

L’Islanda è ormai è una Nazionale entrata nel cuore di tutti: i suoi tifosi, il modo di vivere le gare, la dedizione al lavoro e la concentrazione della squadra islandese. Di fatto, da Euro 2016, è entrata di diritto nella simpatia di mezza Europa.

Una squadra che ha nel proprio tifo l’arma in più, e che intende stupire il suo pubblico (e non solo) fornendo prestazioni di carattere ai prossimi Mondiali in Russia 2018. L’Islanda di Heimir Hallgrímsson – inserita nel gruppo D con Argentina, Nigeria e Croazia – sfiderà la squadra Albiceleste di Jorge Sampaoli nel primo match del Campionato del Mondo 2018.Una sfida oggettivamente complessa per gli islandesi che, però, tenteranno d’approcciarsi alla gara con la solita voglia di dare il 100% per tutti i 90 minuti, con tattiche semplici ed un gioco elementare non per questo privo d’insidie.

Tólfan

Ma come sempre i giocatori in campo non saranno da soli. Questi verranno accompagnati dal dodicesimo uomo in campo, il ‘Tólfan‘ (che in islandese significa “12”). Un semplice numero per indicare il tifo d’una nazione intera: questi altri non sono che la frangia più estrema della tifoseria islandese, supporters “vichinghi” verrebbe da dire, visti gli elmi cornuti che indossano, la barba bianca, le pinte di birra scolate e – paradossalmente, smentendo quanto detto prima – le loro ‘buone maniere’. Sì, perché un merito che si deve dare a questa Nazionale – che a dire il vero solo da poco tempo si è affacciata al calcio che conta – è quello di non aver mai visto i propri tifosi al centro d’episodi di violenza.

Fuoco comune

Allora eccoli i Tólfan, pronti a spostarsi dalla ‘Terra del ghiaccio’ (Ice-land appunto), alla fredda Russia – quasi un abbassamento di temperatura per loro – decisi a portare con sé  il “Fuoco” per i propri beniamini.

Un fuoco che va al di là dal mero elemento naturale: per gli islandesi si tratta, infatti, d’una vera e propria fase di simbiosi, d’un momento quasi mistico che i supporters vivono con i loro calciatori in campo. Per arrivare a questa mediazione, però, sono imprescindibili alcuni elementi: i tamburi innanzitutto, con le mani che applaudono a tempo (e all’unisono), che quasi mandano giù lo stadio, con il verso ‘Húh‘ intimorente per gli avversari, esaltante e da brivido per i tifosi ed i giocatori islandesi.

Stesse emozioni

Infatti, come dice un membro dei Tólfan (intervista dalla Rosa) Kristinn Hallur Jonsson: “Noi lo chiamiamo semplicemente “Húh”, anche se ormai per tutti è il Víkingaklappið ovvero “applauso vichingo”: ci caratterizza ed emoziona. È una scossa, uno dei tanti momenti di condivisione: noi e la squadra siamo la stesa cosa e il battito di mani manifesta l’unione».

Jonsson, però, non è un tifoso islandese come tutti gli altri: sulle spalle della sua maglia (oltre al numero 12 che caratterizza tutti i tifosi islandesi, ‘Tólfan’ appunto) c’è scritto ‘La macchina di ghiaccio’ (‘The Ice Maker’).
“Guardate il capitano Aron Gunnarsson, ha dentro il nostro stesso fuoco: chiedetegli se preferirebbe giocare nel Real o nella sua nazionale…”, ha detto ancora, nella sua intervista alla Gazzetta dello Sport, la macchina del ghiaccio.

Questione di fuoco, questione di calore: il pubblico islandese è pronto a tutto, anche ad affrontare l’Argentina di Leo Messi e compagni, perché solo con l’ ‘Húh’ tutto è possibile.

 

 

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