Bimbi “su misura” in provetta, arriva il test dagli Stati Uniti

di Rosanna Pasta

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Bimbi “su misura” in provetta, arriva il test dagli Stati Uniti

| martedì 12 Novembre 2019 - 14:33

Bimbi “su misura” realizzati in provetta. Quello che solo fino a qualche anno fa vedevamo nei film di fantascienza, adesso sembra diventare realtà. Dagli Stati Uniti, infatti, arriva un nuovo test che promette di analizzare il Dna del feto ottenuto tramite la fecondazione assistita, e selezionare gli embrioni “migliori”.

Un intervento di ingegneria genetica capace di rilevare non solo il rischio di 11 diverse malattie, dal diabete ai tumori, ma anche di un’altezza e un’intelligenza (molto) al di sotto della media. Il test è offerto da una startup del New Jersey, Genomic Prediction, come si legge su ‘Mit Technology Review‘.

Fino a che punto può spingersi la scienza? C’è un limite tra l’uomo e la natura che non deve essere superato? Quali certezze offre lo studio in questione? Le polemiche non hanno tardato ad arrivare.

Bimbi “su misura” in provetta, arriva il test dagli Usa

Alcuni di voi ricorderanno ‘Gattaca’, film di fantascienza in cui era possibile scegliere la composizione genetica del bambino che deve nascere. Bene, adesso tutto ciò sembra possibile.

Secondo lo studio si possono analizzare gli embrioni ottenuti da una procedura di fecondazione in vitro e selezionare i “migliori”.

La società afferma infatti di poter utilizzare l’analisi del Dna per prevedere quali embrioni hanno meno probabilità di ammalarsi (di 11 patologie) o maggiori possibilità di essere più bassi e meno intelligenti di quelli nelle altre provette. Nelle prossime settimane è prevista la pubblicazione di un case study sui primi ‘clienti’.

Dalla fantascienza alla realtà. Sembra che ad ispirare il Ceo della startup, Laurent Tellier sia stato proprio Gattaca. Lo studio, perdonate il gioco di parole, è ancora in fase embrionale, così finora, i centri di fertilità statunitensi non hanno colto l’occasione per offrire il test alle coppie. Preferiscono attendere la pubblicazione di studi ad hoc.

Se da un lato la scienza si muove con cautela, dall’altro i potenziali clienti cominciano a farsi avanti copiosi. Il passaparola in questi casi fa miracoli. Tra riviste e volantini, la notizia ha girato molto velocemente e alcune coppie hanno chiesto informazioni al proprio medico.

Una di queste coppie, invece, si è recentemente presentata al centro di fertilità della New York University a Manhattan, come racconta il ginecologo David Keefe. Keefe, che ha sette figli, teme che le coppie convinte di poter scegliere i bambini da un menù resteranno deluse.

Il progetto dell’azienda è in fase ancora preliminare. Se alcuni embrioni sarebbero già stati testati, il Ceo afferma di non essere sicuro che siano stati utilizzati per iniziare una gravidanza.

Il progetto

Ma cerchiamo di capire come funziona il cosiddetto ‘test Gattaca’. Il test viene eseguito su alcune cellule prelevate da un embrione di un giorno ottenuto con un trattamento di fecondazione assistita. Tramite una serie di valutazioni, emergerebbe il punteggio di rischio per diverse patologie e alcune caratteristiche fisiche.

Nel mese di ottobre l’azienda ha lanciato il test, chiamato ‘LifeView‘, a uno stand dall’incontro annuale degli specialisti della fertilità a Filadelfia.

Un banner promozionale afferma: “Ha le orecchie e il sorriso del tuo partner. Ma non il suo rischio di diabete”.

La polemica

La questione sembra essere molto delicata, al punto che la notizia ha sollevato una rumorosa polemica.

Secondo molti genetisti, infatti, “E’ irresponsabile suggerire che la scienza sia arrivata al punto di poter prevedere in modo affidabile quale embrione selezionare per ridurre al minimo il rischio di malattia. La scienza semplicemente non c’è ancora arrivata”, afferma Graham Coop, genetista dell’Università della California a Davis.

Non manca una buona dose si scetticismo da parte dei centri per la fertilità Usa. In realtà sarebbero solamente alcune coppie ad essere interessate al test. La stessa azienda produttrice cerca di parare i colpi affermando, in un diclaimer, di non poter assicurare nulla sul bebè frutto della ‘selezione’ pre-impianto, e che il suo “non è un test diagnostico“.

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