Migrazione, le lacrime di coccodrillo dell’Europa | Troppe parole e pochi fatti dopo le tragedie

di Giuseppe Citrolo

» Cronaca » Migrazione, le lacrime di coccodrillo dell’Europa | Troppe parole e pochi fatti dopo le tragedie

Migrazione, le lacrime di coccodrillo dell’Europa | Troppe parole e pochi fatti dopo le tragedie

| sabato 23 Maggio 2015 - 10:06

170mila: è il numero di migranti clandestini sbarcati in Italia nel 2014; 20mila: è la stima dei morti, dal duemila ad oggi, sulle rotte di migrazione dall’Africa all’Europa meridionale. Metà di loro sono morti annegati nel Mediterraneo. Sono i numeri impressionanti di una vicenda che entra da anni nel nostro quotidiano con barconi stipati, motovedette, centri di accoglienza, tragedie del mare e reazioni politiche ed istituzionali.

È bene ricordare che la migrazione in Europa ha in realtà proporzioni molto più vaste: sono più di 30 milioni i cittadini extracomunitari arrivati in Europa dagli anni ’80 ad oggi, oltre il 5% dell’intera popolazione. I grandi flussi dall’Est Europeo e dalla Turchia hanno contribuito, in anni passati, in misura maggiore rispetto alla migrazione dall’Asia e dall’Africa.

Comunque, gli sbarchi sulle coste italiane rappresentano un problema politico sui tavoli europei ormai da alcuni anni, per le condizioni disumane di transito e l’impatto emotivo delle tragedie del mare. È recentissimo il dibattito scaturito della ennesima strage di migranti, per cercare soluzioni di condivisione dell’accoglienza (poco popolari e quindi contrastate), di pattugliamento delle acque e di distruzione sistematica dei barconi.

Non sono iniziative che incidono alla radice sul problema che è troppo vasto per intravederne una qualche soluzione: l’indigenza e l’ instabilità di alcune aree del mondo. Infatti, i paesi più rappresentati fra gli sbarcati sono tutti poveri e con gravi fragilità politico-istituzionali. L’Afghanistan, di fatto uno stato fallito, con un governo centrale che controlla solo la capitale Kabul con l’assistenza occidentale, mentre nel resto del paese imperversano i Talebani ed il traffico di droga. La Siria, teatro dal 2011 di una catastrofica guerra civile tra il regime degli Assad e i suoi oppositori. La Somalia, ormai da 25 anni non più uno Stato, ma un coacervo di clan in feroce lotta fra loro. L’Eritrea, vittima di una brutale dittatura che impone un lunghissimo servizio militare dal quale i giovani cercano di fuggire con ogni mezzo. Il Mali, paese africano fra i più poveri, tormentato dalla guerriglia tuareg e jihadista nelle province del nord.

Da questi paesi, sono più di una le rotte ormai sperimentate nel Mediterraneo per raggiungere le coste dell’Europa meridionale. Oltre alla traversata dalla Libia e Tunisia sino a Lampedusa e alla Sicilia, Siriani e Afghani raggiungono Rodi e le Cicladi dalle coste Turche. Il Marocco e lo stretto di Gibilterra sono una via preferenziale per l’immigrazione dall’Africa nord occidentale.

La rotta italiana è però la più battuta. La caduta di Gheddafi e la guerra civile in Libia hanno creato le condizioni ideali per intensificare il traffico dei migranti. Ed i soldi non si fanno solo con i viaggi via mare; una rete di organizzazioni collegate convoglia il flusso di migranti dai paesi del corno d’Africa attraverso il deserto sino alle coste libiche e poi quelle italiane.

Il Sudan è un punto di passaggio obbligato: a Khartoum, cittadini eritrei gestiscono delle vere e proprie agenzie di viaggio informali per disperati, che organizzano l’attraversamento del Sahara sino in Libia. costa 2000 dollari e si fa in una settimana in jeep. All’arrivo i profughi sono presi in consegna dai referenti libici, stipati in villette sulla costa e poi trasferiti di notte sui barconi. Pagano 500 dollari per rischiare la vita sul canale di Sicilia sino alle coste italiane. Tasche piene per tutti, quindi: trafficanti eritrei e libici e funzionari compiacenti; ma non sempre per gli scafisti, spesso dei semplici pescatori che traghettano gli altri in cambio di un trasferimento gratis in Italia.

La risposta dell’Europa è sino a questo momento debole. La missione Mare Nostrum di pattugliamento del Canale, che costava oltre 100 milioni di euro all’anno all’Italia, è stata sostituita nel novembre 2014 dalla missione europea Triton, che dispone di un terzo circa delle risorse; i naufragi e i morti sono aumentati.

Dopo la recente tragedia che ha causato 900 morti, l’Alto Rappresentante Mogherini si è  adoperata con il governo italiano per convincere gli altri paesi europei ad accogliere quote dei migranti africani. La solidarietà iniziale si è sfaldata rapidamente. Cameron è stato il primo a sfilarsi, seguito a ruota da Francia, Spagna e Ungheria.

In Europa si parla anche di una soluzione politica per fermare il flusso migratorio in Libia; non si capisce però in che modo, poiché il governo riconosciuto di Bengasi controlla solo in parte il paese.

Insomma, le cause della migrazione sono profonde e le vie dei flussi migratori aperte a seguito dell’instabilità politica in Africa; in questa situazione, è molto improbabile che l’Europa possa in qualche modo bloccare le migrazioni. Ma c’è la possibilità di gestirli in modo coordinato, con un maggiore rispetto della vita e della dignità umana. Ci vuole una forte determinazione comune per farlo. E questa oggi in Europa non si vede.

 

Edizioni Si24 s.r.l.
Aut. del tribunale di Palermo n.20 del 27/11/2013
Direttore responsabile: Maria Pia Ferlazzo
Editore: Edizioni Si24 s.r.l.
P.I. n. 06398130820