La storia della famiglia Cassina a Palermo | Gioie e dolori del Conte Arturo

di Redazione

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La storia della famiglia Cassina a Palermo | Gioie e dolori del Conte Arturo

| martedì 13 Maggio 2014 - 14:31

Duilio e Luciano Cassina sono stati arrestati oggi a Roma dalla Guardia di Finanza. I figli del Conte Arturo sono accusati di bancarotta fraudolenta ma la storia della loro famiglia affonda le radici nella storia di Palermo.

Il nome dei Cassina è strettamente legato alla storia della città di Palermo. Nonostante le origini siano comasche, il conte Arturo Cassina ha segnato le sorti della città fin dal primo dopoguerra. Giunto in Sicilia fra le due grandi guerre, fondò le sue imprese edili in tempo di crisi e di boom. Il suo primo appalto dal Comune di Palermo lo ottenne nel 1938. Da allora le imprese dei Cassina gestirono fognature e strade della città (per un periodo in associazione con altre imprese anche la pubblica illuminazione) ininterrottamente fino al 1985.

Le polemiche sugli appalti vinti sempre dalle medesime imprese sono scritte nella storia della città tanto che negli anni ’70 per cercare di togliere argomenti ai suoi detrattori Cassina riuscì a fondare una “società anonima” la Lesca.

Proprio nel settembre del 1974 la Lesca vinse l’appalto per le manutenzione di Palermo e in quegli anni si disse che Cassina avesse passato la mano. Non era così. Si scoprì in seguito che la Lesca era soltanto un’altra società sempre del conte Arturo Cassina che per 47 anni, ininterrottamente, riuscì ad essere l’uomo della manutenzioni.

Negli anni ’80, prima che le manutenzioni gli sfuggissero di mano, Cassina incassava 23 miliardi di lire l’anno dal Comune per le sue manutenzioni. Avevano provato in tanti a cambiare impresa e la volgata popolare assegna proprio alle capacità relazioni dei Cassina il siluramento di ben 4 sindaci di quegli anni.

Una storia complessa ed intrisa di misteri quella della famiglia Cassina. Lui, Arturo, il Conte, andava fiero del suo titolo di cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme. un titolo di cui era stato insignito nel Duomo di Monreale durante una cerimonia alla quale, raccontano le cronache dell’epoca, parteciparono comandanti dei carabinieri, questori, prefetti e tutta la gente che contava all’epoca.

Due i figli del conte che balzarono più volte agli onori delle cronache per motivi diversi. Duilio, il manager, l’erede anche lui nominato cavaliere del santo sepolcro di Gerusalemme anni dopo, e Luciano la cui storia è legata al suo lungo rapimento.

Luciano venne rapito dall’anonima sequestri siciliana su ordine di Luciano Liggio e rimase “prigioniero” della mafia per circa un anno e mezzo. venne liberato dietro al pagamento di un riscatto da 1 miliardo e 350 milioni di lire. La procura di Palermo indagò sul sequestro avvenuto proprio mentre la mafia siciliana era senza cupola. Stefano Bontade era in carcere e comandavano i corleonesi di Liggio.

Giovanni Falcone studiò a lungo quel sequestro e fra le ipotesi investigative c’era il fatto che l’estorsione ai Cassina fosse uno “sgarbo” diretto proprio a Bontade. Anni dopo la famiglia Bontade venne sterminata nella villa di Ciaculli durante l’ultima fase dell’ascesa di Totò Riina.

La storia dei Cassina è dunque legata a Palermo, legata agli anni che furono definiti “il sacco” della città anche se quelle imprese non furono mai legate alle costruzioni autorizzate alla moglie del papa Michele Greco, Rosa Castellana, dall’ex sindaco Vito Ciancimino.

Dall’alto della sua villa con tanto di piscine e zoo privato a Villagrazia di Palermo, il Conte assisteva a tutto quanto, combattendo la sua battaglia di potere e di affari. Erano gli stessi anni in cui a Catania comandavano i cavalieri del lavoro, gli anni in cui le esattorie a Palermo erano gestite dai cugini Salvo, gli anni in cui un sindaco come Giuseppe Insalaco veniva assassinato in strada per essersi schierato contro i grandi potenti. Erano gli anni in cui la Sicilcassa concedeva prestiti ai grandi imprenditori senza chiedere garanzie e poi non chiedeva il rientro dei capitali. Scelte di potere che portarono al fallimento della grande banca siciliana poi “regalata” al banco di Sicilia sistematicamente messo in condizione di essere acquisito, anni dopo, da Unicredit.

Nel 1985, quando gli appalti non vengono più affidati ai Cassina, iniziano le difficoltà. Palermo stava cambiando ed il Conte ed i suoi figli non erano più fra i grandi potenti. Oggi l’arresto per aver distratto 33 miliardi dal fallimento delle imprese segna l’ultima tappa della caduta. Almeno fino ad ora.

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