Lampedusa, il 3 ottobre un anno dalla tragedia | L’Arci organizza il Festival Sabir /VIDEO

di Redazione

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Lampedusa, il 3 ottobre un anno dalla tragedia | L’Arci organizza il Festival Sabir /VIDEO

| lunedì 29 Settembre 2014 - 14:40

Il 3 ottobre dell’anno scorso a Lampedusa 368 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia. A distanza di un anno da quella tragedia, il centro d’accoglienza dell’isola è chiuso per ristrutturazione, ma anche il turismo pare essere in calo, come se le due cose fossero unite da un filo rosso. L’Arci, con il Comitato 3 ottobre e il Comune di Lampedusa e Linosa, ha organizzato dal 1 al 5 ottobre sull’isola il Festival Sabir con laboratori, concerti e incontri. Innanzitutto perché i ragazzi dell’Arci ritengono che si debba restituire a quell’isola e ai suoi abitanti un risarcimento in termini di immagine, riconoscendole il ruolo che svolge nel mediterraneo.

Lampedusa è oggi una periferia del mondo e gli organizzatori hanno pensato di dare la parola all’isola e alla sua comunità di persone per fargli raccontare come vivono questa condizione. Lo faranno nei 5 giorni del Festival, innanzitutto grazie ai laboratori che Ascanio Celestini, già a Lampedusa, sta organizzando con gli abitanti. E un omaggio all’isola sarà anche il concerto che Fiorella Mannoia terrà il 4 ottobre.

La tragedia del 3 ottobre ha scosso le coscienze di gran parte dell’opinione pubblica, anche internazionale, il governo Letta avviò un programma di salvataggio delle imbarcazioni a rischio, anche al di fuori dalle nostre acque territoriali. Ma il governo dell’epoca, in particolare il Ministro dell’Interno poi riconfermato da Renzi, Angelino Alfano, commise anche degli intollerabili errori.

Da un lato la promessa di funerali di Stato che non si tennero mai. Dall’altra la mancata identificazione delle persone decedute in quella maledetta notte, nonostante l’avvio della procedura d’individuazione del DNA delle persone sepolte in molti comuni della Sicilia.

“Ad un anno di distanza il Parlamento italiano – dice Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci – nonostante le decine di migliaia di firme raccolte dal Comitato 3 ottobre, non ha ancora approvato la legge che istituisce la Giornata della memoria (solo pochi giorni fa il testo, brevissimo e senza previsione di spesa, è stato calendarizzato, ma sicuramente il suo cammino, senza una reale volontà politica, sarà lungo e tormentato). L’istituzione di una tale Giornata, oltre a restituire dignità ai tanti migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa, permetterebbe di fare chiarezza sulle responsabilità che gravano sui governi nella gestione delle frontiere”.

Infatti, a un anno da quella strage, e nonostante l’operazione Mare Nostrum, si contano a migliaia, anche quest’anno, le vittime inghiottite da quel Mediterraneo che ormai è diventato un grande cimitero a cielo aperto. E questo perché è mancata finora la volontà reale di eliminare le cause di quelle morti, riformando profondamente la legislazione su immigrazione e asilo, aprendo canali d’accesso umanitari e realizzando un sistema d’accoglienza unico con standard rispettosi della dignità dei rifugiati e delle comunità che li accolgono.

“Di Lampedusa vogliamo promuovere il ruolo centrale che può svolgere come luogo di incontro – continua Miraglia – ponte tra culture diverse, in grado di indicare all’Italia e all’Europa che il futuro non può che avere al centro il Mediterraneo, le comunità che vi si affacciano, le reti sociali che sulla sponda nord e sud si sono radicate”.

“Centinaia di persone provenienti da molti paesi europei e africani si troveranno sull’isola durante i giorni del Festival – conclude il vicepresidente – per partecipare a dibattiti e alle innumerevoli iniziative culturali che si terranno ogni giorno. Il 3 ottobre ricorderemo, con tante azioni simboliche organizzate dall’omonimo Comitato, le vittime della strage, insieme ai li loro familiari e ai superstiti. Li ricorderemo a Lampedusa e in molte città italiane, dove in quella giornata sono state organizzate iniziative di commemorazione e di denuncia, chiedendo scelte concrete perché di frontiera non si debba più morire”.

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