Economia, questione catalana, corruzione: | quanti temi caldi nel futuro della Spagna

di Giuseppe Citrolo

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Economia, questione catalana, corruzione: | quanti temi caldi nel futuro della Spagna

| lunedì 04 Gennaio 2016 - 12:42

Il re Felipe VI, nel tradizionale messaggio televisivo di Natale al popolo spagnolo, facendo riferimento al risultato delle recenti elezioni politiche, ha fatto appello all’unità nazionale: ”Ciò che per tutti è importante è l’interesse generale degli spagnoli” e, pur non citando nomi di partiti o leader, ha sintetizzato il quadro politico uscito dalle urne: “La pluralità che caratterizza oggi la Spagna, con sensibilità, visioni e prospettive diverse, comporta una forma di esercizio della politica basata sul dialogo”. “Bisogna adeguare il processo politico alla realtà della Spagna di oggi”, ha aggiunto, menzionando in modo indiretto la questione del separatismo catalano: “Bisogna valorizzare la diversità linguistica e riconoscere al tempo stesso i valori condivisi su cui si basa la Costituzione”.

Il messaggio del Re segue di pochi giorni il risultato delle urne del 20 dicembre, che ha mutato in modo dirompente il quadro politico spagnolo, rompendo uno schema consolidato che, dalla fine della dittatura nel 1975, vedeva Popolari e Socialisti alternarsi al potere con esecutivi monocolore. Il voto ha infatti accreditato due nuove formazioni politiche: Podemos e Ciudadanos; sono figlie di questi anni di prolungata crisi economica e di un numero crescente di scandali di corruzione che hanno “indignato” gli spagnoli. Il risultato è che nessun partito è oggi in grado di ottenere la necessaria maggioranza di 176 seggi alla camera dei deputati: il Partito Popolare ha ottenuto 123 seggi, il Partito Socialista 90, Podemos 69 e Ciudadanos 40. Nel 2011, quando Podemos e Ciudadanos non esistevano ancora, i Popolari avevano vinto con 186 seggi; i socialisti del Psoe, sconfitti, avevano 110 deputati.

Quali sono i temi caldi, su cui i partiti dovranno ragionare per raggiungere un’intesa? Innanzitutto la politica economica del paese. L’economia, dopo gli effetti devastanti dalla crisi del 2009 che ha investito il settore produttivo e finanziario spagnoli, è entrata in una fase di brillante ripresa: la bilancia dei pagamenti è in forte attivo ed il Pil spagnolo crescerà di oltre il 3% nel 2015, sopravanzando largamente gli altri big dell’eurozona, fermi sotto il 2%. Rajoy nei suoi quattro anni di premierato ha applicato alla lettera le indicazioni dell’Unione Europea e della Bce: nuova legge sul lavoro che aumenta la flessibilità, abolizione della contrattazione collettiva a livello nazionale, tagli allo stato sociale, privatizzazione della sanità ed una contestata stretta sul sistema pensionistico.

I popolari hanno poi cercato di mettere in relazione i risultati economici in crescita alle politiche ‘europee’ di bilancio ed alle riforme da loro sostenute; l’operazione non ha avuto successo presso gli elettori. In effetti, alcuni analisti vedono soprattutto fattori contingenti, quali il deprezzamento dell’euro, alla base della crescita; gli effetti di lungo termine delle riforme sono di là da venire e prevale un certo scetticismo sulla sostenibilità del trend positivo nei prossimi anni. La disoccupazione molto elevata al 21% e quella giovanile, addirittura al 50%, hanno certamente pesato in modo significativo sull’orientamento dell’elettorato.

La questione catalana divide i partiti e può essere un fattore di rottura per possibili future alleanze a livello nazionale. Le forti spinte indipendentiste nella Comunidad Autonomica Catalana, la regione più importante per l’economia spagnola, sono state confermate nelle ultime elezioni regionali; le autorità catalane, sostenute dai partiti indipendentisti locali, hanno avviato un processo per il ‘distacco democratico’ della regione da Madrid. Sulla questione soltanto Pablo Iglesias di Podemos si è sbilanciato su un referendum per l’indipendentismo in Catalogna. I Socialisti, possibili alleati in una coalizione governativa di sinistra, hanno criticato la proposta, definendola “un attentato all’integrità territoriale del paese”.

Altro tema caldo nella scena politica spagnola è la corruzione. Un flusso di scandali ininterrotto che ha coinvolto politici locali e figure di livello nazionale ha minato alla base la fiducia dei cittadini nei partiti tradizionali, colpendo particolarmente il partito popolare. Il caso più noto coinvolge Rodrigo Rato, ex direttore del Fmi, ex ministro delle finanze spagnolo e membro del Partito Popolare; è accusato di frode nell’ambito del fallimento dell’istituto di credito Bankia, di cui era amministratore delegato, di evasione fiscale e riciclaggio. I toni accesi sul tema della corruzione tra Rajoy e Sanchez nel dibattito televisivo elettorale hanno fatto il giro del mondo; il leader socialista ha accusato Rajoy di essere “un politico indecente”, leader di un partito di corrotti, suscitando una reazione aggressiva ed attacchi personali da parte del leader popolare.

Su queste ed altre questioni dovrà ragionare il nuovo parlamento per trovare un’intesa ed esprimere una maggioranza di Governo. La Costituzione spagnola gli dà due mesi di tempo dall’insediamento, previsto per il 13 gennaio. Ma i partiti sono già al lavoro ed i primi incontri mostrano chiaramente le grandi distanze da colmare. Rajoy ha la maggioranza relativa in Parlamento; si è proclamato vincitore e si è impegnato a sondare le altre parti; ”Proverò a formare un governo e credo che la Spagna abbia bisogno di un governo stabile”, ha detto commentando i risultati. Il 23 dicembre ha incontrato la delegazione socialista di Pedro Sanchez per una quarantina di minuti, ricevendo un netto rifiuto; ”Siamo stati chiari”, ha detto Sanchez, “voteremo contro la continuità del Partito Popolare al governo, con Mariano Rajoy come primo ministro”. Anche il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha escluso categoricamente il sostegno ad un governo guidato dai Popolari e così ha fatto il leader di Ciudadanos, Albert Rivera. 

Insomma uno scenario politico nuovo e difficile per i leader spagnoli. Se un accordo non sarà trovato nei due mesi previsti, il re Felipe non avrà altra scelta che sciogliere il Parlamento ed indire nuove elezioni.

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