Per Confindustria l’Italia è ferma: si va verso la recessione

di Redazione

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Per Confindustria l’Italia è ferma: si va verso la recessione

| mercoledì 27 Marzo 2019 - 11:49

L’Italia è ferma, si va verso la recessione. Lo rivela il Centro studi di Confindustria, che azzera le previsioni per il Pil 2019 (già ribassate a ottobre al +0,9%). A pesare sono “una manovra di bilancio poco orientata alla crescita”, “l’aumento del premio di rischio che gli investitori chiedono” sui titoli pubblici italiani, “il progressivo crollo della fiducia delle imprese” rilevato “da marzo, dalle elezioni in poi”.

Per Confindustria l’Italia è ferma: si va verso la recessione

Dopo quattro anni di risalita, gli investimenti privati sono in calo per la prima volta. Si registra un -2,5%, escluse le costruzioni. Nel 2019 “per ora non si vede un’inversione di tendenza nei contratti”, i lavoratori dipendenti “sono tendenzialmente fermi, c’è un calo del lavoro a termine ma non è ancora compensato dai contratti a tempo determinato”. Così il Centro studi Confindustria.

L’istituto definisce il 2018 “a due velocità”. Nei primi sei mesi infatti l’occupazione è cresciuta di 198.000 unità mentre nel resto dell’anno è calata di 84.000. Nel 2019 l’occupazione resterà “sostanzialmente stabile (+0,1%)” e aumenterà dello 0,4% nel 2020.

Nel 2019 la domanda interna risulterà praticamente ferma e una recessione potrà essere evitata solo grazie all’espansione, non brillante, della domanda estera. A meno che – avverte il rapporto del Centro studi di Confindustria con le nuove previsioni degli economisti di via dell’Astronomia – non si realizzi l’auspicato cambio di passo nella politica economica nazionale”.

Reddito di cittadinanza e Quota 100 “daranno un contributo, seppure esiguo, alla crescita economica” del 2019. Ma “queste due misure, realizzate a deficit, hanno contribuito al rialzo dei tassi sovrani e al calo della fiducia, con un impatto negativo sulla crescita”.

“Il Governo ha ipotecato i conti pubblici e non ci sono scelte indolori”, avverte il Centro studi di Confindustria, sottolineando il “bivio” tra “rincaro Iva” o “far salire il deficit pubblico al 3,5%”. Per annullare il primo e fare la correzione richiesta sui conti “servirebbero 32 miliardi di euro senza risorse per la crescita”. Così appare “inevitabile un aumento delle tasse”.

“L’Italia – dice il capoeconomista di Confindustria Andrea Montanino – deve evitare di andare oltre il 3% nel rapporto deficit-Pil: sarebbe un segnale molto negativo per i mercati. Il fatto che lo spread non si è richiuso significa che continuiamo ad essere un paese sotto osservazione. Verremmo puniti dai mercati”.

Con la Cina serve “molta attenzione”, avverte il capoeconomista di Confindustria, Andrea Montanino. Il Paese orientale infatti ha fatto accordi  “non con investimenti in equity, con prestiti che spesso non riescono ad essere ripagati perchè le condizioni non sono ottimali, spesso non trasparenti“. La Cina si è concentrata su “Paesi in una situazione debole economicamente. E se noi siamo considerati così dobbiamo stare particolarmente attenti”.

Il rapporto del Centro studi di Confindustria commenta le opportunità legate all’accordo sulle nuove vie della seta. “Una maggiore cooperazione con la Cina è necessaria – spiega – ma senza rotture con il principale alleato atlantico e soprattutto costruendo una posizione negoziale forte”.

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