Al Festival della Pensione italiana vince la noia | Festival della politica, Renzi primo tra i “giovani”

di Satyricus

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Al Festival della Pensione italiana vince la noia | Festival della politica, Renzi primo tra i “giovani”

| domenica 23 Febbraio 2014 - 01:05

È stata la settimana dei Festival. C’era quello della canzone (canzone?) e quello della politica (politica?). Entrambi noiosi e dunque poco attraenti.

A Sanremo, in cinque serate per complessive 23 ore di diretta, c’è stato veramente poco da salvare. Fazio e Littizzetto ci hanno messo del loro (voto 5) ma siccome dovrebbe essere un Festival di canzoni diciamo che il vero fallimento sono state proprio le canzoni, quasi tutte inascoltabili (voto 2). Per non parlare dei vestiti, quasi tutti inguardabili. Non ce ne voglia nessuno ma non avrei mai pensato di dover rimpiangere i bei festival di una volta con Albano, Romina, Cutugno, i Ricchi e Poveri e Reitano. Almeno un motivetto ti restava in testa.

Il Festival, del resto, era nato sotto una brutta stella: all’inizio della prima serata due lavoratori, molto precari, hanno minacciato il suicidio in diretta da un’impalcatura, molto precaria, del bruttissimo teatro Ariston. Alla fine dell’ultima serata almeno tre milioni di italiani – altrettanto precari anche loro – hanno tentato il suicidio: non per disperazione ma per noia.

E ha destato fastidio la “svista” di Luca Zingaretti (voto 5) che al Festival ha parlato di Peppino Impastato (voto 8) sbagliando però l’accento sul paese di origine: diceva Cinìsi (accento sulla seconda i) e non Cìnisi. Verrebbe da chiedersi: ma non guarda mai un telegiornale? E nemmeno le puntate del commissario Montalbano? L’ottimo Francesco Lamiani (voto 8) lo bacchetta in punta di penna.

Le vere curiosità – e forse le migliori prestazioni – sono arrivate da Gino Paoli, le Kessler, Raffaella Carrà, Franca Valeri (voto 8 per tutti, alla memoria). Roba che Renzo Arbore (voto 8) e Claudio Baglioni (voto 8) sembravano le mascotte. Quello di quest’anno, in fondo, potrebbe essere ribattezzato Festival della Pensione italiana. O al limite Festival 1.0.

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L’alternativa era il Festival 0.0, altrettanto lungo e noioso. Il presidente Giorgio Napolitano, in versione Pippo Baudo, al termine delle cinque giornate ha premiato Matteo Renzi come vincitore per la categoria “Nuove Proposte” mentre tra i big la vittoria è andata a Pier Carlo Padoan, 64 anni, nominato ministro dell’Economia, che ha cantato la sempreverde “Se potessi avere mille lire al mese”.

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A proposito di politica. È stato approvato il disegno di legge che abolisce le Province, istituisce i liberi consorzi e crea le città metropolitane: il testo di sintesi, dopo un’accurata scrematura dei mille emendamenti, è il seguente: le Province restano – ci mancherebbe – ma devono continuare a restare un oggetto misterioso e sarà vietato spiegare ai cittadini la loro utilità; i liberi consorzi – in quanto liberi – chi li vuole fare li fa, altrimenti niente; vengono infine legittimate le città metropolitane ma solo quelle che cominciano per GE e finiscono con LA.

L’annuncio è stato fatto da Rosario Crocetta, ovviamente alla trasmissione Rai di Giletti (voto 4,5), e pone fine all’annosa questione. La sua città natale, Gela, unica città metropolitana riconosciuta dalla nuova legge, diventa capitale della Sicilia così Palermo e Catania non litigano più. L’opposizione parlamentare – spaventata a morte dalla minaccia di dimissioni di Crocetta – ha accettato la resa senza condizioni pur di restare abbarbicata alla poltrona.

La notizia ovviamente non è vera ma almeno facciamo un passo avanti. È da un anno che si parla dell’abolizione delle Province, la deputazione siciliana – con gli opportuni distinguo – sta facendo ridere l’Italia e piangere i siciliani che non ne possono più e soprattutto non gliene frega niente se le Province restano o no. Il pane e il lavoro – in una parola: la dignità – non albergano in quei palazzi.

Domenica scorsa, per la prima volta, avevo omesso di parlare di Crocetta e della sua band. Semplice: per usare una terminologia festivaliera, non riesco più a scherzare sulle continue stecche del Governo, le cui pause sono eterne come quelle di Celentano e i risultati entusiasmanti come la faccia e le canzoni di Cristiano De André.

Non credo di essere fuori tema con la mission di questa rubrica: c’è poco da sorridere ma la satira – come recita Wikipedia – ha l’obiettivo di dare “attenzione alla politica e alla società mostrandone le contraddizioni e promuovendo il cambiamento”. Non so se queste poche righe serviranno allo scopo ma almeno ci provo, forse qualcuno stancandosi delle continue figuracce proverà vergogna e magari proverà anche a dimettersi.

Vorrei ringraziare a tal proposito la collega Lucia Borsellino (voto 4), attualmente assessore della Salute, che per la quarantaseiesima settimana di fila, in diretta televisiva, ha annunciato con grande serietà la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie senza mai nominarli: non è satira questa? Oppure la Scilabra (voto 4), che quando annunciò l’avvio del piano giovani era giovane anche lei e adesso è diventata nonna?

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È invece tremendamente seria la notizia della condanna per l’ex presidente della Regione a 6 anni e otto mesi di reclusione (primo grado). Raffaele Lombardo arriva dunque a un soffio dal record: il primato indoor resta ancora quello di Totò Cuffaro con sette anni. Tanto per restare nell’humor nero, registriamo una curiosa coincidenza: appena qualche minuto prima della sentenza di condanna, il figlio di Raffaele Lombardo, Toti (voto 6,5), deputato regionale, illustrava all’Ars una mozione per la salvaguardia delle arance siciliane (voto 9). Adesso mancano solo le sigarette.

Siccome non c’è due senza tre, immaginiamo che Crocetta stia facendo gli scongiuri. Sembra un’epidemia, quella dei presidenti coinvolti in inchieste di mafia: un tema, questo, che dovrebbe aprire riflessioni molto profonde su passato, presente e futuro di questa terra, degli uomini che la rappresentano ma anche degli uomini che mandano altri uomini a rappresentarli.

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Andando avanti così non si potrà più vivere ma scopriamo che non si può neanche morire. Al cimitero di Bagheria venerdì sono state trovate decine di bare bruciate (leggi qui la notizia) e perfino resti umani appena carbonizzati. Uno scempio inquietante. Indagano gli uomini della DDA e tifiamo per loro, gli autori della profanazione (voto 0) devono essere presi. Prima si diceva: riposa in pace. Adesso, purtroppo, riposa in brace.

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